Steelinkitchen: di lei sappiamo che è Chef ed insegnante di cucina giapponese. Nata a Kobe (Prefettura Hyōgo, regione Kansai), diplomata alla prestigiosa Tsuji Culinary Institute di Osaka e residente a Roma da oltre 20 anni. È un vero piacere averti nel nostro blog, benvenuta Maki!
Maki: sono felice di essere con voi e accetto con piacere di rispondere alle vostre domande!
Steelinkitchen: parlaci un pò di te, come è nato l’interesse per la cucina, come sei arrivata in Italia?
Maki: sono nata e cresciuta a Kobe. Fin da quando avevo circa 5 anni, mi divertivo a cucinare, quindi posso dire di aver sempre avuto un interesse particolare per questo tipo di attività. Mia nonna materna Kimiyo era davvero brava in cucina e la ammiravo molto, lei mi ha trasmesso la passione.
Avevo 19 anni, quando mi sono iscritta alla Tsuji Chef School di Osaka. Ho scelto questa scuola per la sua fama di essere una delle più rinomate in Giappone in ambito culinario. Ho frequentato un corso intensivo di un anno, durante il quale ho studiato le basi della cucina giapponese, cinese, italiana e francese. È stata un’esperienza unica, che mi ha permesso di conoscere tecniche e sapori di diverse tradizioni gastronomiche. Poi, nel 2000, in seguito al mio matrimonio con un cittadino italiano, mi sono trasferita a Roma.
Steelinkitchen: come è stato il tuo primo approccio con il cibo italiano? C’è stato un ingrediente, alimento o bevanda che hai trovato particolare, poco invitante, o, al contrario, un sapore che pur essendo “nuovo” ti è piaciuto subito?
Maki: in Giappone, la tavola, è spesso arricchita da un menu piuttosto internazionale. Ricordo che, quando ero piccola, mia mamma preparava degli spaghetti al ragù con dentro funghi shiitake. La prima volta che ho conosciuto la vera cucina italiana è stata, credo, quando ero alle scuole medie: i miei genitori mi portarono in un ristorante italiano gestito da un conoscente di famiglia.
Lì ho assaggiato per la prima volta la pasta al nero di seppia: il colore, completamente nero, mi sorprese, ma era così buona che ne rimasi profondamente colpita.
Quando ho frequentato il Tsuji Culinary Institute a Osaka, ho studiato anche la cucina italiana. Tuttavia, solo dopo essermi trasferita in Italia nel 2000, ho vissuto esperienze culinarie davvero autentiche. Per fare un esempio: un minestrone preparato solo con verdure, senza nemmeno usare il brodo di pollo! Rimasi stupita per quanto fosse saporito e buono, una vera rivelazione.

Cuttlefish ink fresh pasta with scallops|pasta fresca al nero di seppia con capesante|Maki Fukuoka
Steelinkitchen: la cucina italiana, pur avendo una base di ingredienti comuni, si esprime in una varietà considerevole di specialità regionali e piatti tipici locali. È così anche per la cucina giapponese?
Maki: sì lo è. Il Giappone, come l’Italia, è un paese che si estende in lunghezza da nord a sud, con una varietà di paesaggi mari, fiumi, montagne e pianure. Grazie alle ricchezze stagionali del mare e della montagna tipiche di ogni regione, esiste una generosa proposta di piatti tradizionali locali.
Steelinkitchen: noti qualche affinità tra la cucina italiana e quella giapponese?
Maki: una su tutte: sia la cucina italiana che quella giapponese rispettano il sapore degli ingredienti e usano pochi condimenti; per questo la cucina italiana piace molto ai giapponesi.
Steelinkitchen: quali sono le tecniche e le cotture più usate nella cucina giapponese?
Maki: la cucina giapponese usa cinque tecniche principali per esaltare il gusto degli ingredienti: crudo, bollito, grigliato, al vapore e fritto. Si caratterizza anche per l’utilizzo preciso del coltello, l’impiego del brodo dashi per insaporire e la cura estetica nella presentazione dei piatti.
Steelinkitchen: tra le tue attività, sappiamo che organizzi corsi di cucina giapponese rivolti a professionisti ed appassionati. Il tuo account instagram offre una sorprendente galleria di piatti che trovo davvero interessanti per varietà, accostamenti di sapore e cura nella presentazione. Immagino che i tuoi allievi siano attratti dalla possibilità di apprendere i segreti dei più famosi piatti iconici che tutti conosciamo. Tuttavia, fondamentalmente, sappiamo poco delle quotidiane abitudini alimentari dei giapponesi. Cosa puoi dirci su questo punto?




Maki: Quando pensate alla cucina giapponese, due sono i piatti che vi vengono in mente: il sushi e il tempura. In realtà, essa è molto più ricca e variegata, potrei dire al pari di quella italiana, ed è per questa ragione che mi impegno a far conoscere il patrimonio culinario del mio paese preparando una gran quantità di piatti tipici. Del resto, anche i giapponesi sono molto incuriositi dalla cucina degli altri paesi: le casalinghe nipponiche sono delle vere esperte e la loro dispensa è sempre fornita di ingredienti tipici della tradizione cinese, italiana, thailandese e coreana.
Molti piatti che propongo sono collegati a ricordi personali: il profumo agrodolce che si sprigiona dal bentō (porta-vivande con coperchio) preparato da mia madre la mattina presto come pranzo al sacco da portare in gita, la cena a casa di una zia, l’infanzia trascorsa alle isole Hawaii e, non ultimo, il sapore degli Inari-zushi (sacchetti di tofu farciti) che mia nonna Kimiyo, una donna che ha trascorso l’intera vita a preparare da mangiare per tutta la famiglia, confezionava con tanta cura e amore. Mi piace pensare, quindi, che gli odori e i sapori che ho nella mente e nel cuore si ritrovino nelle mie ricette e che queste accompagnino, rendendola speciale, la quotidianità di chi si diletta a replicarle.
Steelinkitchen: Maki, puoi spiegarci cosa si intende con “Umami” e in quali piatti giapponesi possiamo ritrovare questo “sapore”? Hai trovato qualcosa di simile anche in qualche piatto italiano?
Maki: Umami è considerato il quinto gusto di base che “compone la prelibatezza del cibo”, accanto ai quattro gusti fondamentali originali: dolce, acido, salato e amaro; Umami è un elemento importante che contribuisce alla bontà di un piatto e che potrei descrivere come un retrogusto persistente in bocca anche quando il sapore principale è svanito. Per riconoscerlo, possiamo sfruttare le preparazioni che lo esaltano maggiormente e che esistono tanto nella cucina giapponese, quanto in quella italiana; prendiamo ad esempio il caso del brodo dashi: questo brodo giapponese viene preparato con alga kombu e scaglie di katsuobushi (tonnetto essiccato e affumicato). Il kombu è ricco di acido glutammico, sostanza responsabile del gusto umami, mentre il katsuobushi contiene una grande quantità di acido inosinico, un altro composto umami. È noto che combinando questi due ingredienti si ottiene un effetto umami ancora più intenso.
Nel caso del brodo all’italiana, l’acido inosinico è contenuto nella carne di pollo e di manzo, mentre le verdure come il sedano, la cipolla e il pomodoro contengono acido glutammico; anche la combinazione di questi ingredienti produce l’effetto “sinergico” dell’umami.
Steelinkitchen: Parlando di “attrezzi del mestiere”, quali sono gli strumenti che usi abitualmente per cucinare?
Maki: alcuni coltelli ben affilati e… le bacchette!
Steelinkitchen: la qualità dei coltelli da cucina giapponesi è nota in tutto il mondo, anche in Italia, naturalmente. Steelinkitchen cerca di diffondere la cultura del coltello giapponese in cucina consigliandone l’uso a tutti, a prescindere dal tipo di cucina che si preferisce. In Giappone, in particolare, esistono coltelli altamente specializzati, diversi per forma, tipo di acciaio, costruzione e affilatura. Sappiamo quanto le scuole professionali di cucina siano attente alle abilità nel taglio degli alimenti. Secondo te, la qualità del taglio degli ingredienti, influisce sulle caratteristiche organolettiche del cibo?
Maki: Nella cucina giapponese professionale almeno 3 coltelli sono considerati indispensabili: il Nakiri bōchō (coltello per verdure), il Deba bōchō (coltello da pesce) e lo Yanagi bōchō (coltello per sashimi). Tuttavia, nelle case, non è raro che si cucini utilizzando un solo coltello: Gyuto (coltello da carne) o un Banno bōchō (multiuso) conosciuto anche come Santoku o Bunka. Nella cucina giapponese la qualità del taglio degli ingredienti è considerata estremamente importante e anch’io penso che sia un aspetto fondamentale.
Steelinkitchen: Quali sono i coltelli che usi abitualmente? Li affili regolarmente sulle pietre?
Maki: Di solito, a casa, utilizzo un coltello multiuso in acciaio inox e un Petty ma, per lavoro, uso spesso coltelli specializzati. Quelli specializzati, li affilo ogni volta che li uso, ma arrugginiscono facilmente a causa dell’umidità!
Steelinkitchen: da come lo dici questo non mi sembra un grande ostacolo per te! È interessante per tutti i cuochi che tendono a stressarsi ai primi segni di ossidazione! Ho un’altra curiosità Maki, che riguarda il galateo a tavola dei giapponesi. Hai qualche aneddoto per noi?
Maki: ci sono diverse curiosità che riservo in particolare per i miei ospiti 😉 ma vi condivido due espressioni di cortesia che sicuramente qualcuno di voi già conosce e che hanno un peso significativo nella cultura del mio paese: “Itadakimasu” prima di iniziare a mangiare (いただきます) che si traduce approssimativamente con “ricevo umilmente” e “Gochisousamadeshita” alla fine del pasto. Itadakimasu è un’espressione che esprime gratitudine per i doni della natura che diventano cibo e per le vite che vengono offerte… Include anche un sentimento di riconoscenza verso tutte le persone coinvolte nel processo che porta il cibo sulla nostra tavola: chi coltiva il riso e le verdure, chi pesca il pesce, chi lavora gli ingredienti, chi li trasporta, chi li espone e li vende nei negozi, chi lavora per poter acquistare il cibo e, infine, chi lo prepara. Gochisousamadeshita (ごちそうさまでした) significa invece “grazie per il pasto”, un modo rispettoso di ringraziare per l’ospitalità ricevuta.




Steelinkitchen: voi giapponesi ci ricordate, con la vostra generale sensibilità verso ciò che vi circonda, quanto sia importante e doveroso ringraziare sempre per il cibo che abbiamo e per chi lo ha preparato.
Con queste ultime “confidenze” ti lasciamo al tuo lavoro Maki, ringraziandoti davvero di cuore per la tua disponibilità e gentilezza. Ricordiamo a tutti che Maki Fukuoka è una libera professionista, collabora con varie scuole di cucina come docente, organizza lezioni private e offre servizi catering. Contattate Maki se volete vivere un’emozionante viaggio alla scoperta dell’autentica cucina giapponese o per lezioni di cucina personalizzate. Ti auguriamo ogni bene Maki, nella vita e nel lavoro e ancora grazie aver contribuito al nostro blog con la tue risposte.
Maki: Grazie a voi, è stato un piacere! Se qualcuno desidera più informazioni sul suo mio lavoro o siete interessati alle mie attività potete contattarmi via mail a: hbs.maki@gmail.com oppure mandarmi un messaggio sul mio profilo Instagram.
Buone cose, buona vita e, soprattutto, Itadakimasu!
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