Bentō 弁当 è il pranzo al sacco giapponese. La consuetudine di utilizzare un contenitore specifico per le vivande prese forza durante il periodo Edo (1603-1868) quando i signori feudali (Daimyo) furono obbligati ad alternare le loro residenze tra Edo (l’antico nome della capitale Tokyo) e i loro feudi. I fedeli guerrieri che li proteggevano, i leggendari samurai, erano muniti di un consistente equipaggiamento che comprendeva anche diversi e “creativi” contenitori per il trasporto dei viveri.
La diffusione capillare delle scatole bentō è attribuita, oltre agli spostamenti dei samurai, anche alle abitudini di chi prendeva parte alle opere classiche del teatro giapponese (come Kabuki, Kyogen e Bunraku). Poiché gli atti di queste opere erano piuttosto lunghi, gli spettatori erano soliti consumare, durante l’intervallo, piccoli bocconi di cibo all’interno dei cosiddetti “Makunouchi Bento” (lett. Bento tra gli atti).
In Giappone si trovano numerose tipologie di scatole bentō, diverse per materiali, design e caratteristiche. Esiste a questo riguardo una tradizione manifatturiera importante che può vantare pezzi di artigianato unici e in edizioni limitate. Spesso le scatole bentō più ricercate sono utilizzate da un ristretto numero di “ristoranti” (Shidashi-ya) che svolgono un servizio di consegna pasti a domicilio del tutto esclusivo.
I bentō cambiano nome anche in base al luogo in cui sono venduti; per esempio si trovano nelle stazioni ferroviarie (ekiben) oppure si utilizzano per contenere specialità locali o ancora si trovano negli aeroporti (soraben) a disposizione dei passeggeri.
In Giappone la ricerca nel campo della produzione delle scatole bentō è concentrata in parte su prodotti usa e getta (per le esigenze dei market specializzati, dei ristoranti che fanno delivery, ecc.) con attenzione a nuovi materiali ecologici e riciclabili. D’altra parte sempre più variegate sono anche le soluzioni pensate per la famiglia, i lavoratori e gli studenti. In questo caso il pubblico ricerca non solo bentō riutilizzabili e di design ma anche scatole sicure nei materiali, compatibili con microonde e lavastoviglie.
La scatola bentō è concepita per contenere un pasto comodo, pratico (e leggero) da consumare in qualsiasi situazione: a scuola, in ufficio, ai picnic, alle feste, ecc. Per questo motivo il cibo è solitamente porzionato in piccole parti pronto per essere degustato a bocconi.
Nella cultura giapponese è molto importante anche la sistemazione degli alimenti all’interno delle scatole. Quando si prepara il bentō per un famigliare o un amico, la cura della presentazione deve rispecchiare il sentimento che si prova verso la persona che lo riceve. La scelta degli abbinamenti e l’attenzione estetica nel disporre gli ingredienti esprimono l’affetto per la persona cara o il rispetto per l’ospite. Le mamme giapponesi per esempio spendono molto tempo ed energie per dare forme simpatiche ai vari ingredienti (spesso ispirandosi ai protagonisti di anime e manga) creando accostamenti invitanti per l’appetito di figli e mariti.
I bentō sono custoditi e trasportati all’interno di pochette o avvolti in panni di cotone coordinati (furoshiki) che vengono annodati in modo da creare un pacchettino esteticamente gradevole.
Se volete imparare l’arte del confezionamento delle scatole potete lasciarvi ispirare da quest’intervista. Se invece preferite concentrarvi sui bentō ed avere suggerimenti preziosi su abbinamenti e composizioni vi consigliamo questi video.
La comparsa di primi utensili simili alle bacchette è molto antica (fonti e ritrovamenti le collocano già nel 5000 a.C.). Pare che le bacchette siano originarie delle regioni settentrionali della Cina (dove l’uso comune, antichissimo, di cibarsi con cibi bolliti nell’acqua, sembrerebbe giustificare l’origine) per poi diffondersi gradualmente a tutta l’Asia orientale.
Intorno al 700 d.C., in un periodo in cui i giapponesi mostravano grande entusiasmo nei confronti della cultura cinese (epoca Yamato), furono importate in Giappone le prime bacchette, inizialmente utilizzate negli ambienti nobiliari e presso i templi.
A partire dall’800 d.C., iniziarono ad essere di uso comune in tutti gli strati sociali, con notevoli differenze nei materiali e nelle finiture tra i preziosi esemplari (destinati ai nobili e agli ambienti religiosi) e le ben più umili bacchette in bambù (usate dal resto della popolazione); le bacchette si usavano tanto per nutrirsi, quanto per preparare il cibo.
Oggi, le bacchette più comuni nelle case dei giapponesi, sono in legno laccato o di plastica e, per motivi più filosofico-spirituali (legati al concetto shintō di contaminazione) che per ragioni strettamente igieniche, sono ad uso individuale e personale.
L’uso delle bacchette, ha dato origine ad uno specifico galateo ed esistono modi di usarle giudicati impropri e/o maleducati. Lo storico del cibo giapponese Ishige Naomichi ne elenca dodici che, questo blog, riassume efficacemente.
Quando a tavola, le bacchette restano a riposo, si usa l’apposito hashioki 箸置き (poggia-bacchette). Si tratta di un piccolo sostegno che solleva le punte delle bacchette. Solitamente realizzato in ceramica, lacca o bambù, è diventato di uso comune solo a partire dagli anni sessanta del secolo scorso (prima ogni coppia di bacchette si riponeva in piccole scatole individuali alla fine del pasto, mentre si appoggiavano sul bordo di un piatto o ciotola, quando necessario). L’hashi-oki evita il contatto diretto dei bastoncini con la superficie del tavolo, garantendo la pulizia delle punte, che andranno in contatto con il cibo.
Nella cultura giapponese, le bacchette, sono considerate “i bastoni della vita”, in quanto, sostengono la vita dall’inizio fino alla fine. Sono utilizzate per accompagnare e celebrare ogni giorno importante della vita, da quando si nasce, a quando termina l’umana esperienza terrena.
Durante la cosiddetta cerimonia di svezzamento “Okuizome”, che i genitori organizzano intorno al centesimo giorno di vita dei loro figli, il primo pasto è celebrato con l’uso delle prime bacchette come documentato in questo blog.
Le bacchette sono anche un regalo comune per festeggiare i compleanni “importanti”degli anziani (al compimento degli anni considerati di traguardo nella vita), per celebrare il loro traguardo anagrafico e/o augurare loro lunga vita.
Le bacchette spesso prendono il nome in base al tipo di ricorrenza e all’augurio che si intende fare; esistono, per esempio, le Enmeibashi 延命, bacchette per “prolungare la vita”; le Choujubashi “per la lunga vita”, le Fukujubashi “bacchette per una vita prospera”, le Oiwaibashi “bacchette di buon augurio” (usate durante le celebrazioni del Capodanno).
Le bacchette sono presenti anche nell’ultimo viaggio della vita: un paio di bacchette sono un oggetto importante anche durante la veglia funebre. La pratica makurameshi 枕飯, cioè il “pasto del cuscino” (o del letto funebre) è l’usanza di posizionare, accanto al corpo del defunto, una ciotola di riso bollito (a simboleggiare il pasto che accompagnerà il defunto nell’aldilà) con all’interno un paio di bacchette accoppiate poste in verticale (la posizione riflette quella della persona che non è più in vita).
Le bacchette, in base a come si usano, svolgono in realtà diverse funzioni in cucina (e non solo a tavola). Solo per citare alcuni usi e scopi diversi dal “raccogliere”, risultano utili per: pizzicare, stringere, premere, sollevare, dividere, trasportare, avvolgere, tagliare, mescolare.
Per chi, pur non essendo pratico, volesse imparare ad usarle a tavola, consigliamo questo video didattico che insegna ad impugnare correttamente le bacchette. Anche lo chef Hirotoshi Ogawa ci mostra la tecnica giusta in questo suo video.
Per sorridere, invece, sulle criticità che la sperimentazione delle bacchette comporta, ecco un simpatico breve video, tratto dal canale dello Studio Container dello sceneggiatore/regista Kentaro Kobayashi.
L’incenso fu introdotto dall’India alla Cina e poi al Giappone. Il metodo di produzione era già conosciuto in Giappone nel XVI secolo e Sakai vanta la nascita dei primi bastoncini d’incenso Senkou 線香.
Del resto, a quei tempi, la città era il più grande porto franco del Giappone autorizzato a commerciare con il mondo e fu proprio la facile reperibilità delle materie prime provenienti da oltremare, a favorire lo sviluppo di tutta la filiera dell’incenso nella zona.
Progressivamente, la grande concentrazione di templi a Sakai e dintorni (la città è al terzo posto nel numero di templi buddisti dopo Kyoto e Nara) con la loro crescente domanda di incensi, contribuì al consolidamento della produzione in tutta la regione.
L’incenso di Sakai si distingue per il profumo raffinato e delizioso e la sua formula (una miscela di polveri di legni naturali odorosi ed essenze aromatiche) è orgogliosamente custodita dagli artigiani locali. Oltre ad essere utilizzato per le cerimonie buddiste, oggi è ampiamente utilizzato come fragranza per interni e nel settore medicale per le sue virtù curative.
Gli ingredienti principali degli incensi Senko sono: Agarwood, Sandalo, Canfora del Borneo, Chiodi di garofano, Cannella, finocchio e Tabunoki (Machilus thunbergii).
Gli ingredienti naturali vengono polverizzati e mescolati con l’aggiunta di numerose essenze (fino ad una ventina di aromi diversi), secondo una formula tramandata nel corso dei secoli.
La polvere viene setacciata ed impastata fino a ottenere un blocco di argilla: l’argilla viene inserita in una macchina a compressione manuale e si ottengono blocchi uniformi da 10 kg; ogni pezzo è avvolto in film protettivo, raffreddato con acqua e lasciato maturare durante la notte.
Il giorno seguente, ogni blocco viene inserito in una macchina per estrusione, che ne ricava stringhe sottili; quando queste escono dalla trafila del macchinario, l’artigiano le raccoglie su un vassoio, tagliandole in una lunghezza uniforme.
I bastoncini senko vengono quindi spostati sulle assi di essiccazione (a mano con una spatola di bambù). A questo punto, i bastoncini imperfetti e storti, vengono gettati via. Successivamente, tutti i bastoncini vengono tagliati nella stessa lunghezza, utilizzando un apposito cutter.
Segue quindi la fase di essiccatura naturale che avviene in pochi giorni in estate e in circa due settimane in inverno; in questa fase si adottano diversi accorgimenti per evitare che i bastoncini si pieghino.
Terninata l’essicazione, gli insensi senko, raccolti in mazzi e legati insieme, vengono ispezionati per l’ultima volta ed avviati al confezionamento. In questo video, realizzato dal Sakai Densan, è possibile vedere tutte le fasi principali della lavorazione.