Il Natale è alle porte e per gli italiani certe tradizioni (soprattutto quelle legate alla tavola) sono ancora importanti. Che abbiate in programma la cena della vigilia, oppure il pranzo di Natale, è certo che troverete su qualche tavola un dolce particolare, pensato proprio per questa festività. Ed è anche vero che in Italia (e per nostra fortuna) le tipicità regionali sono diverse, sia nelle ricette, sia nella presentazione. Tuttavia, se conoscere le specialità locali presuppone il fatto di esser stati nella zona di riferimento, è invece sufficiente “essere italiani” per conoscere il panettone. Infatti, a differenza di qualche anno fa, la produzione e il consumo di questo dolce della tradizione si estende oggi dalle Alpi fino a Palermo. Il panettone, tra l’altro, è conosciuto ed apprezzato anche all’estero in paesi come il Giappone, l’Australia e gli Stati Uniti.
Ho lavorato per alcuni anni come pasticcere, imparando anche la tecnica che è propria del lievitista (pasticcere addetto ai prodotti lievitati come il panettone e la colomba) presso la Pasticceria di Mauro Gualandi ad Argenta. In questo blog presenteremo alcune delle specialità che Mauro mi ha insegnato e che sono tipiche del periodo natalizio.
Quali caratteristiche deve avere un panettone lavorato a regola d’arte?
Un ottimo panettone deve presentare un condimento di qualità ineccepibile; in particolar modo questo deve esser vero per la frutta candita (ovvero arancia e cedro canditi), l’uvetta sultanina, le uova, il burro e la vaniglia.

La frutta candita di Mauro
Foto a cura di Veronica Binelli
L’ingrediente fondamentale (che non si può acquistare) è invece il lievito naturale. Conosciuto anche come “madre”, è preferibile chiamarlo lievito naturale per non fare confusione con altri tipi di lievito che niente hanno a che fare con quello che si utilizza per il panettone.
Che cos’è il lievito naturale?
Un impasto bianco di acqua e farina che ospita una colonia di lieviti e lattobacilli fondamentali per la lievitazione e capaci di conferire profumi e sapori inconfondibili al panettone.


Perché non è in vendita il lievito naturale? Perché il lievito naturale tradizionalmente si tramanda di padre in figlio (oppure tra i pasticceri, di collega in collega); diversamente lo si può anche produrre artigianalmente in casa. Ci sono esempi di lieviti naturali che possono essere ricondotti a più di un secolo fa continuando ad essere vitali anche dopo cent’anni. Solo il lievito naturale può conferire longevità al prodotto mantenendolo morbido per molti mesi senza la necessità di aggiungere conservanti, emulsionanti o prodotti sintetici. E sempre il lievito naturale conferisce al panettone il particolare aroma fruttato (che ricorda il miele).
Condimento e finitura del panettone: cosa dice la tradizione
Il panettone tradizionale è condito e farcito solamente con arancia e cedro canditi e uvetta sultanina.
Per quanto riguarda la finitura del panettone le versioni tradizionalmente riconosciute sono due: quella milanese, in cui prima della cottura il panettone è inciso a croce e spennellato con burro fuso, e quella torinese (Galùp) che prevede la copertura del panettone con una squisita glassa a base di mandorle intere e granella di zucchero. La versione torinese è sempre molto apprezzata per il suo aspetto invitante anche se la realizzazione della glassa richiede particolari competenze tanto che i pasticceri scherzando tra loro la chiamano “la rogna”.
Un lungo procedimento
Per ottenere il panettone finito occorrono come minimo due giorni di lavorazione. Le fasi della lavorazione artigianale del panettone si ripetono da anni sempre con la stessa modalità; un procedimento collaudato fatto di interventi, attenzioni ed attese che deve essere rispettato in maniera scrupolosa.
Le fasi principali della lavorazione
La lavorazione inizia il mattino presto prendendosi cura anzitutto del lievito naturale che deve essere rinfrescato più volte (con acqua e farina nelle giuste proporzioni) prima di essere pronto per l’impasto del panettone.







Quando il lievito naturale è sufficientemente forte, bello e profumato, solitamente intorno alle tre del pomeriggio, il pasticcere inizia a preparare l’impasto (il primo). La miscela prevede acqua, zucchero, lievito, farina, uova e burro per ottenere una pasta di consistenza setosa, liscia e vellutata che poi ripone in cella di lievitazione.
Questo impasto lievita in un luogo buio caldo (e silenzioso) per circa 12-14 ore e intorno alle quattro del mattino successivo è pronto per essere lavorato nuovamente.
Il secondo impasto
Nel cuore della notte e nel silenzio del laboratorio, il pasticcere riprende l’impasto e lo lavora nuovamente aggiungendo ancora farina, uova, burro e zucchero. Lo condisce infine con arancio e cedro candito, uvetta sultanina, vaniglia e fior di sale.


Dopo questa fase (come anche dopo la spezzatura) l’impasto deve riposare. Anche le “attese” hanno un’importanza fondamentale nella riuscita del panettone!



L’impasto suddiviso nei pesi desiderati, è successivamente arrotolato a mano (in gergo “pirlato”) e messo negli stampi per la lievitazione finale. Verso le sette del mattino, quando fuori comincia ad albeggiare, i panettoni sono sistemati al caldo per altre sei-otto ore.




Più tardi, verso le tre-quattro del pomeriggio saranno pronti per entrare nel forno dove, dopo un’ora di cottura a calore moderato, ne usciranno gonfi, dorati e profumati.


Usciti dal forno, i panettoni caldissimi si lasciano riposare a testa in giù per tutta la notte, in modo che si raffreddino assumendo una forma armonica e fissando al loro interno una perfetta alveolatura.


Il giorno successivo sono finalmente pronti per essere decorati e confezionati, pronti per far bella figura sulla tavola di Natale.


Le varianti del panettone classico
Oggi la fantasia dei pasticceri non ha limiti e il panettone può essere arricchito con cioccolato, pere e albicocche candite ed ogni sorta di frutto che si ha a disposizione. Ecco per esempio una delle deliziose varianti realizzate da Mauro nel suo laboratorio di Argenta: ananas candito e gocce di cioccolato all’interno, glassa di cioccolato e amaretti per la copertura.






Due dolci natalizi tipici delle province di Ferrara e Bologna
Il Pampapato
Il Pampapato è il dolce tipico di Natale a Ferrara. A base di cacao, cioccolato e una miscela particolare di spezie (localmente “la droga”). Questa miscela di spezie contiene per la maggior parte cannella, noce moscata, chiodi di garofano, anice stellato e altre spezie che ogni pasticcere tiene rigorosamente segrete.



E’ un dolce molto ricco a base di farina, cacao amaro, zucchero, miele, arancio candito, nocciole e mandorle grezze oltre appunto alle spezie. Questo impasto è modellato in forma di piccole palle appiattite e cotto in forno fino a completa asciugatura. Una fase molto importante è quella immediatamente successiva alla cottura: i pampapati ancora ben caldi sono immersi in una bagna a base di acqua, zucchero e liquore all’arancio.
In passato era tradizione lasciare i pampapati esposti alla fitta nebbia che caratterizza Ferrara nei mesi di Novembre e Dicembre affinchè l’umidità della notte li facesse ammorbidire.

Come servirlo
Per gustarlo è preferibile tagliarlo a fette lunghe e sottili come se fosse una pagnotta di pane (piuttosto che a spicchi come si fa con una torta). Essendo un dolce piuttosto compatto, tagliandolo in questo modo, ne apprezzerete maggiormente la complessità aromatica. Se amate i dolci rustici dalle note speziate e “cioccolatose”, il Pampapato saprà darvi una bella soddisfazione. Essendo molto dolce e poco umido si conserva a lungo.

Il Certosino
Altro dolce tradizionale del periodo natalizio è il Certosino, tipico in particolar modo di Bologna e della bassa pianura bolognese. Varianti e preparazioni simili al certosino bolognese si trovano comunque un po’ in tutta Italia soprattutto nelle zone dove insiste la produzione vitivinicola.
L’impasto del Certosino è ricco: cacao, zucchero, miele, mostarda bolognese, cognac, vino bianco, saba (il delizioso mosto d’uva cotto) frutta candita e cioccolato.

Con un procedimento simile a quello del panpepato si ottiene un impasto profumato ed aromatico. Messo in stampi da cottura, la superficie del Certosino è decorata con frutta candita, mandorle e gocce di cioccolato. Successivamente è cotto in forno fino ad asciugatura completa.
Terminata la cottura, il Certosino è pennellato con miele bollente per dargli un aspetto estremamente lucido.

Questa glassatura e la ricchezza del decoro a base di frutta (disposta con pazienza certosina da cui deriva il nome) lo rende particolarmente adatto ad una festa come il Natale in cui si cerca di far bella figura con i propri ospiti.


Ringraziamo il nostro amico Mauro Gualandi ed il suo staff per la collaborazione. Un ringraziamento particolare a Veronica Binelli per le belle foto che ha realizzato nel laboratorio di Mauro.