Quando i maestri corrono
Ciao a tutti! In questo 2020 sono successe veramente tante cose… comunque, finalmente, siamo arrivati all’ultimo mese dell’anno: come state?
In giapponese, Dicembre si scrive 師走 e si legge: shiwasu. Gli ideogrammi significano letteralmente “maestri corrono” (ogni mese ha un nome antico diverso). Vi spiego il senso di questa espressione: tutto l’anno i maestri, (immaginate gli artigiani) affidano la maggior parte del lavoro ai loro allievi. A Dicembre, però, anche i maestri sono costretti allo straordinario perché ci sono tante cose in più da preparare.
In Giappone la fine dell’anno è un momento molto importante, ci si affretta a finire i lavori lasciati a metà o ci si dedica a quelli in sospeso. Per esempio, si fanno grandi pulizie domestiche, prima che sia capodanno, per dare il benvenuto al nuovo anno in un ambiente pulito e ordinato. Per cui, Dicembre è per tutti il mese delle “corse”. In Italia, invece, i maestri hanno da fare tutto l’anno (non soltanto a Dicembre) per questo, forse, farete fatica ad entrare nella logica di questa espressione. Ma non è poi così importante!
25 Dicembre, la festa più amata?
Dopo dieci anni trascorsi in Italia, ho capito che questo è il periodo dell’anno più caro alla maggior parte degli italiani. La particolare atmosfera che si respira a Natale, l’ho vissuta in Italia come in nessun altro paese europeo in cui sono stata. Il modo intimo e festoso in cui ci si ritrova in famiglia a Natale, è molto diverso dalle abitudini del mio paese, dove il 25 Dicembre è più un evento che una festa solenne. Oggi vi dirò come si festeggia il Natale dalle mie parti e se i giapponesi conoscono e comprendono veramente il senso di questa festa.

Succede a Natale in Italia
A Natale gli italiani osservano la festa solennemente, per poi condividere festose tavole imbandite. I miei amici italiani festeggiano in casa con tutti i loro parenti e per me è la cosa più bella del mondo! Tanta gioia e voglia di stare insieme, fanno sì che il Natale sia il momento dell’anno dove sento di più la mancanza della mia famiglia giapponese.
I prodotti natalizi italiani sono famosi per gli ingredienti ricchi, pregiati e abbondanti. Se penso ai dolci tradizionali ad esempio (panettone e torrone in primis) alla quantità di burro, zucchero, uova e miele delle ricette classiche di pasticceria, ancora arrossisco! Anche questo aspetto mi ha fatto capire quanto il Natale sia tradizionalmente la festa più attesa in Italia.
Il panettone di Mauro Gualandi Natale a Firenze
25 Dicembre in Giappone: aspettando Capodanno
Allora, come si trascorre il Natale in Giappone? Adesso vi racconto la mia esperienza, tenendo presente che il 25 Dicembre non è festa nazionale nel mio paese e la gente normalmente lavora. Il 24 Dicembre i bambini iniziano però la loro “vacanza invernale” (due settimane complessive) in vista del capodanno, momento, questo, molto atteso da tutti. Dal 30 dicembre al 3/4 Gennaio, il lavoro si ferma anche per gli adulti e cominciano i grandi festeggiamenti di fine ed inizio anno. È questa l’occasione anche per far visita a parenti ed amici lontani, un pò come succede in Italia il giorno di Natale e i giorni seguenti.
Il Natale: una tradizione tutta da imitare
Per quanto riguarda il senso religioso del Natale (inteso come si percepisce in occidente) dovete sapere che, anche se in Giappone esistono chiese cristiane, la percentuale di fedeli è poco più dell’1% dell’intera popolazione. Io stessa, purtroppo, non ho mai avuto occasione di visitare una chiesa cristiana nel mio paese e anche la tradizione popolare del presepe, non la conoscevo. In Giappone non ne ho mai visti!
Pur non avendo il senso religioso di questa festa, per i giapponesi, il 25 Dicembre è comunque un giorno un pò diverso dagli altri, cui si arriva con un pizzico di eccitazione e una certa “letizia”. Del resto come succede quì, anche in Giappone in questo periodo la pubblicità suggerisce regali di ogni tipo per bambini, oltre che acquisti di generi alimentari (specialmente torte di marchi noti come Bauli ad esempio). Meno frequenti invece gli spot sui profumi e i gioielli. Una pubblicità strana che ricorre in questo periodo in Giappone, è quella che promuove la catena del KFC Kentucky Fried Chicken, fast food americano che vende pollo fritto (persino per strada con un veicolo senza conducente).
Anche dalle mie parti comunque si prepara l’albero di Natale, addobbi compresi. I regali di parenti e amici si mettono sotto l’albero, esattamente come in Italia e in Europa. Si vedono anche case illuminate a festa e persino qualche ghirlanda appesa alle porte.
Il gusto della festa
Le famiglie che hanno bambini, festeggiano a casa, con una cena speciale, la vigilia di natale. La tavola è imbandita di piatti sostanziosi come il pollo arrosto intero ripieno. Secondo me, l’idea è stata presa dal famoso “Thanksgiving Day” americano. In quell’occasione, si mangia il tacchino arrosto intero, ma in Giappone non è affatto comune il tacchino, allora ci si è fatti andar bene il pollo! Il ripieno è a base di riso e verdura, ma c’è anche chi preferisce non farcirlo.
Si preparano altri piatti belli ed invitanti (zuppe, creme di verdura, insalate di vario genere) e la torta di Natale è d’obbligo. Si tratta di uno “short cake”, a base di pan di spagna, panna montata e frutta fresca (come le fragole, che sotto Natale costano una follia). Ultimamente è di moda anche il “tronchetto di Natale”, imitazione dei tipici tronchetti francesi e italiani. Altro dolce che si mangia in questo periodo, preso dalla tradizione tedesca, è lo “Stollen” (pane dolce speziato con frutta secca).
Il panettone italiano, pur essendo importato da diversi anni, non è invece un dolce popolare in Giappone, ma è comunque un prodotto presente e apprezzato.
La calza dei regali: quando la Befana si veste da Babbo Natale!
Per i bambini, i regali di Babbo Natale sono la cosa più importante (questo forse è uguale anche in Italia). Ma c’è una cosa diversa: il regalo si nasconde nella calza grande che è posta accanto ai cuscini del letto. Molto simile all’usanza dell’Epifania in Italia, non vi pare? Non so perché e come sia arrivata in Giappone questa usanza. A casa mia, quando ero bambina, papà voleva darci i regali direttamente e non lasciava fare a Babbo Natale (per me quindi quel personaggio era solo un’invenzione) la mamma però, preparava sempre una cena speciale. C’era un’atmosfera diversa quel giorno, per me è sempre un bellissimo ricordo…
Il 25 Dicembre, comunque, in Giappone passa in un attimo: dopo aver aperto i regali, la festa finisce.
La calza dei regali
Un Amore di Natale
Questo succede se sei piccolo, ma sapete come festeggia un teenager?
Gli adolescenti giapponesi vedono il Natale come il giorno degli innamorati, un pò quello che succede in Italia il giorno di San Valentino.
Molti ristoranti preparano un menù degustazione dedicato alle coppie, mentre gli innamorati si preparano a scambiarsi promesse e doni reciproci. Qualche giovane single cerca il suo amore prima di Natale per non essere solo proprio il 25 Dicembre!
Purtroppo io non ho mai vissuto in Giappone un Natale da innamorata, per me è sempre stato un giorno da festeggiare con gli amici…
Tante religioni, un solo spirito
Avendo compreso l’importanza del Natale in Italia, provo un certo imbarazzo al pensiero di come in Giappone si trascorre questa giornata. In effetti molte persone criticano l’atteggiamento superficiale dei giapponesi nel rapportarsi al 25 Dicembre. Può passare l’idea che i giapponesi siano poco rispettosi del culto o, ancor peggio, privi di sentimento religioso. In realtà, il mio paese è influenzato da diverse culture che modificano radicalmente le abitudini (e le pratiche religiose) da persona a persona. Allo stesso tempo però, nessuna di queste culture ha la forza di imporsi sulle altre.
Di conseguenza, un giapponese può decidere di aderire a culti differenti nell’arco della propria vita, senza sentirsi in errore o giudicato dalla comunità. Per fare un esempio, una coppia giapponese può sposarsi in chiesa (di solito si tratta di piccole cappelle dentro gli hotel) per poi alla nascita del figlio andare a “salutare” gli Dei al santuario, secondo la tradizione shintoista, infine celebrare il funerale di un caro defunto seguendo il credo buddista. Immagino che per voi questa condotta sia alquanto discutibile, ma la sensibilità dei giapponesi è davvero condizionata da una pluralità di pratiche religiose provenienti da vari paesi del mondo.
La strada degli Dei
Quando vivevo in Giappone, non avevo percezione del mio orientamento religioso, anzi pensavo di non avere un credo religioso. Dovete sapere che per me la religione è uno “stile di vita” che possiamo scegliere liberamente, senza indottrinamenti, seguendo i principi che abbiamo dentro. In realtà, ho capito nel tempo, che questo è semplicemente uno dei cardini dello shintoismo, che ci permette di accogliere religioni e culture di altri paesi, senza porre resistenza.
In giapponese 神道 (shin-to), si traduce come “strada degli Dei”. Lo shintoismo è la religione nativa del Giappone. I giapponesi non hanno l’abitudine di partecipare alle funzioni liturgiche e non è previsto l’insegnamento della religione a scuola, né il catechismo.
Nella scrittura giapponese, quando ci si riferisce alle religioni in generale, si utilizza sempre la lettera “教” (si legge kyo). L’ideogramma, posto dopo la parola che indica la religione di riferimento, significa “insegnare”. Quindi ad esempio: “Cristiano”, si scrive キリスト教 che significa: “Cristo insegnare” (quindi dottrina cristiana). Non esiste invece l’espressione equivalente di “Shin-to insegnare”. Questo per dirvi che il credo shintoista non si propone una funzione educativa. Non si pensa da shintoisti, si è semplicemente shintoisti!
Circondati dal divino
Lo Shintoismo è un credo molto antico che deriva da culti di varie etnie, influenzato dal ciclo della natura. Il popolo giapponese già alle origini ha rivelato il suo carattere shintoista, accettando di essere sottomesso alle numerose forze spirituali che governano la natura e la vita. Con questa consapevolezza, accetta tutto quello che accade, tanto i fatti tragici (quali terremoti, cicloni, eruzioni vulcaniche e disastri di vario genere) quanto quelli benèfici (come la primavera e i raccolti abbondanti). Lo shintoismo insegna a riconoscere segni divini negli alberi, sulle rocce o nelle cascate e, dove sono queste tracce, ne sorgono santuari, divenendo luoghi sacri. Potete solo figurarvi quante divinità contempli lo shintoismo…
I genitori dicono ai loro bambini: “ci sono sette Dei in un chicco di riso” questo per insegnar loro a rispettare il cibo.
Pensate a quanti Dei stanno dentro un intero piatto di riso!

La mentalità shintoista
Anticamente il mio paese era abitato da una popolazione prevalentemente agricola. Possiamo immaginare come una comunità rurale contadina, in cui secondo la filosofia shintoista ciascuno pensava di doversi rassegnare ad una natura tanto amorevole quanto arcigna, avesse imparato da subito quanto importante fosse il gruppo, tanto da non poter concepire una vita al di fuori della comunità. Vivere insieme significava essere al riparo dalle sventure, in armonia con la natura (e in pace con gli Dei).
A queste condizioni si era disposti anche ad accettare le mutazioni dell’ambiente, adeguandosi ai cambiamenti interni ed esterni alla comunità. L’inclinazione ad affrontare le sfide, forti dello spirito di squadra, viene quindi da lontano. Questo ci ha reso molto aperti alle diverse culture del mondo. Negli ultimi secoli noi giapponesi abbiamo subito il fascino di stili di vita molto diversi dai nostri, acquisendo abitudini che inizialmente sembravano bizzarre ma che poi, quando risultavano utili e benefiche, hanno fatto presa nella vita di tutti i giorni.
Occhio alle imitazioni: rispettiamo le tradizioni
Il problema è che a volte siamo stati un pò superficiali in questo passaggio finendo spesso col voler “giapponesizzàre” tradizioni di paesi lontani. Se avete capito sto facendo un po’ di sana autocritica, spero non me ne vogliano i miei connazionali!
Quando in Giappone arrivò il buddismo (intorno al 600 dall’India), anche questo credo fu accettato senza pregiudizi. I giapponesi hanno quindi seguito gli insegnamenti buddisti che ritenevano più edificanti per lo spirito, senza preoccuparsi troppo di pescare un pò qua e un pò la…
In sostanza penso che alcune tradizioni siano state abbracciate per imitazione, a volte con un pochino di leggerezza e con l’aggravante, in alcuni casi, di farne versioni proprie. Forse questo è il motivo per cui in Giappone da quasi un secolo si festeggia un Natale bizzarro, che ha veramente poco in comune con lo spirito della festività cristiana.
Penso che non sia saggio imitare le tradizioni degli altri paesi senza approfondire e con il giusto spirito critico. Questo atteggiamento infatti può recar danno tanto ai giapponesi (con il rischio che una contaminazione non consapevole oscuri l’identità del popolo) quanto alle tradizioni che si cerca di imitare, creando confusione alle nuove generazioni.
Un messaggio di speranza
Quello che invece sottoscrivo del messaggio shintoista è il rispetto di ogni cultura e l’invito a vivere insieme, in pace, in una sorta di armonia cosmica dove gli Uomini e la Natura devono avere un rapporto intimo e privilegiato, di reciproco sostegno. Questo è un messaggio di speranza sempre valido, per tutti i popoli, specialmente per il tempo che viviamo.

Gli auguri
Come ho cercato di spiegarvi, il Natale in Giappone riflette proprio lo “stile giapponese” e il modo in cui si trascorre è lo specchio della mentalità del mio paese. Nel prossimo articolo vi parlerò del capodanno, che per i giapponesi, invece, è proprio il più importante evento dell’anno!
È stato bello per me avere in Italia una prospettiva diversa del Natale. Se avete anche voi qualche riflessione che volete condividere, vi invito a commentare il blog. Allora ci ritroviamo nel 2021, buona festa, Buon Natale e…
Buon Anno!
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Foto di copertina: Festival delle luci di Sendai, Miyagi
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